Progetti

Come Quadri

A volte ci troviamo davanti ad un quadro e ci chiediamo quanto talento e creatività viva nell’artista. Ci immergiamo interamente, ritrovandoci dentro quel mondo tanto ricercato quanto faticato dall’artista stesso. Quando ne usciamo, quando prendiamo ossigeno e ci guardiamo dentro, crediamo che nessun’altro potrà mai creare tale immensità. Siamo convinti che soprattutto noi stessi non ne saremo in grado.
E alla fine, ci ritroviamo euforici per tale meraviglia e al tempo stesso abbattuti. Siamo così bravi a svalutarci senza nemmeno aver provato.

…Mi sono chiesta tante volte, se artisti come Van Gogh, Leonardo o Michelangelo, avessero avuto a loro volta, queste fragilità e paure. Se anche la loro mente, a volte, li avesse frenati dal creare un’altra bellezza.

Il Macro

Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare.

Daniel Pennac


L’amore verso la fotografia in me nasce molti anni fa e da sempre mi sono posta la domanda ‘ma quanto di quello che non vediamo a occhio nudo, ci perdiamo in realtà’. Quindi con il mio obbiettivo macro investigavo il mondo.


Tutto attraverso la mia macchina fotografica diventava un soggetto valido a diventare protagonista.

Delle formiche che fanno su e giù dal loro formicaio a delle gocce d’acqua che diventano gioielli sopra un filo di erba secca.

I dettagli dei colori e i disegni sulle piume di un pavone, come quelli del dorso di un insetto.

La delicatezza di un ricciolo di erba secca o il dettaglio geometrico di un fiore secco.


Il mondo del macro è un mondo infinito, ricco di dettagli che quotidianamente ci perdiamo.

Che solo chi si pone domande sul mondo riesce a vedere, solo chi si butta e scatta immagini può rivelare.


Io nel mio giardino, in quelle ore passate a scrutarlo, cercavo un senso a tutta la perfezione che la natura ci offriva. Niente di più bello e perfetto esiste e noi, che lo abitiamo, dovremmo rispettarlo un po’ di più.

A me, il macro ha insegnato ad amare tutto quello che la natura ha da dare, anche se è un ragno con otto zampe e otto occhi. Anche se è quella cosa che ci spaventa, perché la realtà è che noi facciamo un bel po’ più paura.


Perfetti sconosciuti, un perfetto boccone agrodolce

Immagine dal web

Perfetti sconosciuti, è un film angosciante per quanta realtà ci sia nella vicenda di un gioco tra amici di vecchia data.

Il film parte con un gruppo di amici che decide di fare una cena insieme, questa parola è importante, ricordiamola, amici. Ma durante la sera, nei discorsi generali a tavola, alcuni di loro spingono per fare un gioco innocuo ai loro occhi, e propongono di mettere i telefoni sul tavolo e, a qualsiasi notifica o chimata si sarebbe dovuta leggere e ascoltare in vivavoce. Molti sono contrari ma alla fine la serata parte e parte pure il gioco.

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Genovese con il suo film, porta lo spettatore ad amare dei personaggi per la loro integrità apparente, fino a sbriciolare quella certezza con un semplice squillo. Man mano che il film va avanti scopriamo lati dell’animo umano, che nemmeno gli amici più intimi conoscono, ci rendiamo conto che in fondo nessuno conosce veramente nessuno.

Tanto che durante la serata si scoprono alcune verità che metteranno a dura prova le relazioni sentimentali, le amicizie e la fiducia verso il prossimo, che è recondita dentro ad ognuno di noi.

Immagine dal web
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Perfetti sconosciuti rende magistralmente l’idea di quanta finzione e di quanta vita ci sia racchiusa in una “scatola nera“, in grado di spezzare cuori e speranze.

Le paure che sono racchiuse dentro ad ognuno di noi, servite a tavola ed affrontate con la scusa di un gioco innocuo. Come voler ad ogni costo dimostrare a sé stessi e agli altri quanto si è puliti e cristallini. Anche a costo di perdere tutto.

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Dialoghi e situazioni sono studiate perfettamente per portare lo spettatore ad immedesimarsi in una serata tranquilla tra amici.

Immagine dal web
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Una roulette russa che porta la verità a tavola, che affronta e spezza ogni indugio e ogni limite.

Un film che non lascia spazio all’immaginazione, che spiazza e segna tutti.
Un racconto che lo spettatore non può che amare ma allo stesso tempo averne paura, per la sua veridicità.

Immagini dal web

La fotografia e la scelta attoriale sono perfette, nulla in questo film è lasciato al caso.

Kasia Smutniak, Marco Giallini, Edoardo Leo, Alba Rohrwacher, Valerio Mastandrea, Anna Foglietta, Giuseppe Battiston e Benedetta Porcaroli sono perfetti nell’interpretazione dei loro personaggi. Tanto che diventa impossibile non empatizzare con un Rocco, Bianca o Peppe, teoricamente i più cristallini all’interno della loro cerchia.

Immagine dal web
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Le dinamiche, le paure, i tagli di inquadratura e i momenti di silenzio, portano lo spettatore a far parte di quel gioco tanto angosciante quanto necessario. In cui ognuno ha paura di rivelare sé stesso ad un mondo famigliare ma sconosciuto. Dove nemmeno gli amici lo sono davvero, dove ognuno si mette in bocca tante belle parole e si vende nel modo migliore, per apparire agli occhi degli altri come una persona integra, ma allo stesso tempo, compie tradimenti e racconta bugie.

Un film che invita lo spettatore ad una cena agrodolce, dove la realtà si scontrerà con le convinzioni personali, che sono radicate dentro di noi, grazie ad un semplice squillo.

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Oppenheimer sì, sì e sì

Immagine dal web

Che dire, tre ore film che sembrano non bastare per tutti gli spunti che Nolan ci dà su cui ragionare. Tre ore in cui il tempo passa veloce, in continua mutazione con i fatti e la crescita di un personaggio storico controverso.

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Partiamo dall’aspetto storico.

Oppenheimer è un fisico che studia in molte università fra l’America e occidente e si confronta con diversi tipi di fisici, fino a riuscire a portare in America la tanta amata teoria della meccanica quantistica. Con l’aiuto di vari scienziati e fisici sperimentali, che mettevano in pratica le teorie di Oppenheimer e di altri. Fino ad arrivare alla fissione dell’atomo, alla volontà di creare una bomba prima dei tedeschi, prima di chiunque altro.
In Oppenheimer si vede quanto gli americani si siano sentiti e si sentano tutt’ora, in diritto di decidere chi vive e chi muore (vedi Hiroshima e Nagasaki), per i loro interessi, per i capitali e per il dominio del mondo. Tanto da essere costantemente in competizione con le altre nazioni e soprattutto, tanto da credere che i sovietici, con l’allora governo di Stalin e poi con i governi successivi, non sarebbero mai riusciti a ricreare la bomba atomica.

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Gli americani avevano la volontà di creare qualcosa di mai visto prima, che avrebbe rivoluzionato le vite di tutti, con nuovi poteri da esercitare in guerre future.

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Per quello che riguarda il punto di vista visivo invece, da che parte la pellicola si viene catapultati dentro un vortice di notizie, tempi di ripresa, tagli e montaggi continuativi e serrati. Il film parte col botto e riesce a mantenere alta la tensione e la curiosità dello spettatore per tutte e tre le ore.
Tutte le riprese sono perfette, la scelta della fotografia, dei ritratti con cui raffigurano Oppenheimer (Cillian Murphy) è perfetta.

Immagine dal web
Immagine dal web
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Un concatenamento di persone, di menti, di sentimenti e di intenti, tutti insieme a girare vorticosamente su una stessa ruota, tutti insieme per arrivare allo stesso risultato.

La atomica. Il ritratto di un uomo. Di una mente.

Tutto è l’insieme di tutto, la bomba e Oppenheimer sono la stessa cosa, esplosivi e distruttivi.

Immagine dal web

«Sono diventato Morte, il distruttore di mondi.»

La scelta attoriale è superlativa, Cillian Murphy è un attore bravissimo e qui, riesce a dare ogni sfumatura al suo personaggio, rendendolo personale e al tempo stesso simile a chi era davvero Oppenheimer. Facendo trasparire ogni suo dubbio. Se da una parte, a livello scientifico la scoperta era importante, su quello personale ed etico, era un salto altissimo che comportava un prezzo altissimo.

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Emily Blunt anche lei azzeccatissima per interpretare la moglie. Una donna forte, con degli ideali precisi, ma con problemi personali, tra alcool e depressione. E i non pochi problemi coniugali, che si sommavano in un vortice emotivo. Ma tra loro c’era sempre molta complicità, intesa e crescita. «Siamo passati in mezzo al fuoco insieme.»

Immagine dal web

E poi che dire di Robert Downey Jr. L’ho sempre trovato un grande attore e ho sempre pensato fosse sprecato in tutti quei film in cui interpretava le stesse parti, senza dargli margine di cambiamento.

Qui invece, dà vita ad un personaggio controverso, che rappresenta in tutto e per tutto la natura americana. Un’arrivista che non si fa problemi a distruggere per il guadagno personale.

Immagine dal web

Per me, Nolan con questo film fa il botto. Questo film davvero è tra i suoi migliori, una direzione perfetta che racconta e crea, nelle menti di chi affronta questo viaggio, un dibattito interiore. Fra giusto e sbagliato, tra confini da poter oltrepassare. Fra etica e scoperta, tra necessario e scelta.

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«Non la temeranno, finché non la capiranno. E non la capiranno finché non l’avranno usata.»

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Primavere

Goccia, 2012, Foto recuperata dal mio profilo web

In casa mia, ogni volta che c’era il passaggio da una stagione all’altra, non era solo una questione di calendario. Era un movimento con la natura.

Magnolia, 2021

Per esempio quando arrivava la primavera le piante ripartivano con le loro foglie vigorose, i fiori sbocciavano a salutare il sole, il vento li cullava e la pioggia li cresceva. Era una simultaneità di momenti e attimi, precisi e studiati, che la natura ha creato migliaia di anni fa…e noi ne facevamo parte. Ne vivevamo ogni istante, e ne eravamo affascinati.

Amaro della Pennsylvania, 2013
Fiore di Ciliegio, 2013
Macro di una goccia d’acqua su un filo d’erba, 2020
Cetonia Dorata, 2017

Ogni giorno si faceva un giro del giardino ad osservare ogni cambiamento di forma, grandezza e colore. La natura ce ne faceva dono e noi avevamo la fortuna di poter assistere.
Vivendo in mezzo alla natura, la paura tipica dell’altro veniva trasformata in curiosità, io scattavo fotografie in modo da poterne scoprire ogni dettaglio.
Tutto mi incuriosiva e con il mio obbiettivo macro andavo alla ricerca di tutti quegli animaletti di cui ci si spaventava o non si sapeva nulla. Come la fotografia qui sotto, del Polydrusus un animaletto strano da vedere senza una lente più fine, ma dopo il macro, wow! Quegli occhietti e il suo corpo verde con riflessi dorati, lo resero ai miei occhi, un insetto davvero molto bello.


Ci sono persone che arrivano anche a trent’anni, senza aver visto come una pianta cambi con il passare delle stagioni o grazie alla cura stessa che ci metti.
Non tutti possono dire di aver visto una tipologia così vasta di animali tra insetti, roditori e uccelli e molti altri ed esserne riusciti a capire il significato, la bellezza racchiusa dentro anche al più strano.
Riuscire a capire l’immensità della natura nel suo artificio più grande, la creazione di tante forme di vita che coesistono e coabitano in maniera libera.

Upupa, 2022
Rondine, 2021

Le primavere che passano a casa mia, sono sempre una sorpresa, il famoso risveglio che la natura chiama a sé, è qualcosa di tanto primordiale quanto intenso.
Aver avuto questo approccio alla vita mi ha resa più consapevole della bellezza che ci circonda e di quanta fatica faccia la natura stessa a ripetere questo ciclo, ancora e ancora, nonostante ci sia sempre qualcuno pronto ad interrompere tale bellezza.

Il mio giardino

Ho avuto un giardino grandissimo da piccola, era circa tremila metri quadrati, ci si poteva disputare una partita di calcio. Era bellissimo, non tanto per le piante o per come fosse strutturato, ma per quello che la vita mi aveva portato a viverci.

Fin da piccola era come un luna park, ogni angolo aveva le sue meraviglie. Giocavo con mia sorella al tipico gioco delle famiglie e ci si divideva gli spazi in giardino e si costruivano case immaginarie, fatte di bagni, cucine e salotti. Ci ho passato i capodanni in quel giardino, a vedere i fuochi d’artificio che esplodevano dai paesi vicini e giocato con amici e parenti per i compleanni.

Ho trovato tutti i miei gatti in quel giardino, non so come, loro sapevano che avrebbero trovato cure ed accoglienza. Chiunque passasse di lì aveva acqua e cibo assicurato, nessuno era lasciato indietro o in disparte.

Ho scattato centinaia e centinaia di fotografie, ho scoperto l’amore per la fotografia e il bisogno di comunicare attraverso essa. Lui era il mio soggetto, le piante che lo abitavano, gli animali di passaggio, il cielo e i suoi colori.

Niente mi ha dato tanti spunti di vita e di creatività, come quel giardino. Come casa.

Ad oggi ho un nuovo giardino, più piccolo, ricchissimo di piante e di molti altri animali. Ho scoperto che qui gli uccelli non sono solo un bellissimo suono che senti fra gli alberi, ma si fanno vedere.

Li scopri, vedi le loro abitudini e li fotografi. Li vedi al riparo dalla pioggia, li vedi in cerca di cibo o a godersi un bel bagno nella ciotola dell’acqua, che abbiamo fatto apposta per loro. Li vedi stare sui rami a riposare e a controllare il circondario.

Li vedi con i loro piccoli che gli insegnano a volare e a sapere cadere. Li vedi vivere una vita piena di insidie e piena di vita stessa.

…Se gli alberi di casa mia potessero parlare, racconterebbero di quanti uccelli visitino il cielo. Racconterebbero quanti piccoli animali si fidano di me e si lasciano fotografare senza paura.
Quante fotografie e quante conoscenze in questi anni ho fatto.

Lui


Il mio primo modello, quando avevo 13 anni, era il mio migliore amico dell’epoca. Eravamo sempre insieme e niente ci separava.
Abbiamo passato insieme molti momenti belli e importanti della mia vita, non c’era nulla che potevo fare per allontanarlo. Anzi sembrava mi capisse così tanto, che quando stavo così male da non voler sentire più nulla, lui c’era e mi faceva passare ogni paura o dolore.
È sempre stato insieme a me, da ché è arrivato a casa, ci siamo legati fino all’anima.
A lui dicevo tutto, ogni cosa, a lui dedicavo la parte migliore di me e lui mi dava tutto quello che un gatto può darti.
Quando uscivo a fare fotografie lui veniva sempre, non c’era bisogno di chiamarlo, lui era al mio fianco e mi accompagnava in ogni mio attimo creativo e di conseguenza diventava uno dei miei soggetti, anzi era il mio soggetto preferito.
Era pazzesco come riuscisse a capire l’attimo giusto in cui star fermo, l’attimo che interessava a me scattare. Era il migliore amico che avessi potuto avere.
Ed era un legame talmente profondo da non riuscire a descriverlo.

2010


Purtroppo la vita ti mette di fronte a situazioni che mai avresti voluto affrontare.
Ti spezza l’anima e il cuore e non te li rimette più a posto.
Quando ci siamo dovuti separare niente è stato più come prima, quel giorno una parte di me se n’è andata con lui e credo che non tornerà più.
Ma la fotografia rimarrà sempre come l’anima che ci univa e di ciò che eravamo. Di ciò che lui era, è rimasta solo lei.

Walking, 2008
2007
Autumn, 2011
2011
Sguardi, 2010

Bianco e nero

Moon, 2017




Io col bianco e nero ho un rapporto viscerale.
Mi sento appartenere a questi due colori che sono il tutto e l’assenza di ogni cosa. Due colori, due significati, due modi di vedere la vita.

Colori così forti in grado di dare vita ad immagini, generare storie, sfumature e raccontare gli attimi.

Prospective, 2020

Margherite, 2016

Firenze, 2017

Timidezza, 2019

ASSENZA

L’assenza è tutto quello in cui manca qualcosa.
Può essere un’assenza di una persona in un luogo, come di un oggetto.
Ma anche l’assenza di pensiero, qualcosa che non si vede. Quindi l’assenza può essere fisica e mentale.
L’assenza può esserci anche in parte, che si vede ma non del tutto, come se si percepisse ma non si ha la chiarezza della presenza.
Lascia un’impronta anche nelle persone, crea stati d’animo, si può percepire l’assenza delle cose e delle persone.

Assenza II, 2017

Questo progetto, quindi, vuole far emergere l’importanza del contatto umano, contatto primordiale che tutti noi ricerchiamo. Ma con l’assenza sempre più prepotente del corpo che grazie alla tecnologia e l’evoluzione continua inesorabile.
Si cerca appunto, attraverso l’assenza del corpo, di far risaltare il bisogno del contatto fra noi.
La scelta dei luoghi è stata pensata in spazi urbani, che sono più tesi e freddi. Proprio perchè, nelle grandi città si ha sempre meno tempo e spazio per essere sè stessi e stare con chi si ama, avere del tempo per sè e per gli altri è difficile e, questo meccanismo di logoramento ha dei risultati spaventosi. Il progetto quindi, vuole evidenziare quanto questo distacco continuo da noi stessi, possa portare ad un imbruttimento dei luoghi, della mente e delle emozioni. Uno svuotamento continuo di contenuti, di ciò che ci circonda e di ciò che si ha dentro.

Assenza III, 2017

Eccoci qui

Quando eravamo piccoli e ancora non si sapeva nulla del futuro, di cosa ci aspettava e di quello che si sarebbe vissuto, si scopriva il mondo pian piano. Io lo facevo attraverso la mia compatta. Amavo osservare la natura intorno a me e fotografarne i dettagli. Fotografare era espressione pura di ciò che ero e di ciò che provavo. Non c’era un modo migliore per me che esprimere me stessa atraverso fotografie raffiguranti la vita.

Decisi di intraprendere l’università e nulla mi sembrava più azzeccato che seguire quello che amavo di più, quello che mi faceva stare bene. Quindi scelsi il corso di Fotografia e nonostante lo studio mi avesse sempre creato problemi decisi che mi sarei buttata.
I tre anni sono passati così velocemente da non accorgermi che ciò che apprendevo da un lato lo perdevo dall’altro. Non riuscivo ad esssere quella bambina creativa e convinta e al tempo stesso usare ciò che conoscevo e avevo appreso. Alla fine mi sono laureta, sono uscita con un bel voto e quel giorno ero la persona più contenta del mondo.

Ad oggi quella bambina con la sua compatta alla scoperta del mondo, lo ha finalmente capito. Provo per la fotografia un amore che non potrà mai essere messo da parte, ma sento la necessità di riscoprirmi ancora una volta.