Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare.
Daniel Pennac
L’amore verso la fotografia in me nasce molti anni fa e da sempre mi sono posta la domanda ‘ma quanto di quello che non vediamo a occhio nudo, ci perdiamo in realtà’. Quindi con il mio obbiettivo macro investigavo il mondo.
Tutto attraverso la mia macchina fotografica diventava un soggetto valido a diventare protagonista.
Delle formiche che fanno su e giù dal loro formicaio a delle gocce d’acqua che diventano gioielli sopra un filo di erba secca.
I dettagli dei colori e i disegni sulle piume di un pavone, come quelli del dorso di un insetto.
La delicatezza di un ricciolo di erba secca o il dettaglio geometrico di un fiore secco.
Il mondo del macro è un mondo infinito, ricco di dettagli che quotidianamente ci perdiamo.
Che solo chi si pone domande sul mondo riesce a vedere, solo chi si butta e scatta immagini può rivelare.
Io nel mio giardino, in quelle ore passate a scrutarlo, cercavo un senso a tutta la perfezione che la natura ci offriva. Niente di più bello e perfetto esiste e noi, che lo abitiamo, dovremmo rispettarlo un po’ di più.
A me, il macro ha insegnato ad amare tutto quello che la natura ha da dare, anche se è un ragno con otto zampe e otto occhi. Anche se è quella cosa che ci spaventa, perché la realtà è che noi facciamo un bel po’ più paura.