Perfetti sconosciuti, un perfetto boccone agrodolce

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Perfetti sconosciuti, è un film angosciante per quanta realtà ci sia nella vicenda di un gioco tra amici di vecchia data.

Il film parte con un gruppo di amici che decide di fare una cena insieme, questa parola è importante, ricordiamola, amici. Ma durante la sera, nei discorsi generali a tavola, alcuni di loro spingono per fare un gioco innocuo ai loro occhi, e propongono di mettere i telefoni sul tavolo e, a qualsiasi notifica o chimata si sarebbe dovuta leggere e ascoltare in vivavoce. Molti sono contrari ma alla fine la serata parte e parte pure il gioco.

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Genovese con il suo film, porta lo spettatore ad amare dei personaggi per la loro integrità apparente, fino a sbriciolare quella certezza con un semplice squillo. Man mano che il film va avanti scopriamo lati dell’animo umano, che nemmeno gli amici più intimi conoscono, ci rendiamo conto che in fondo nessuno conosce veramente nessuno.

Tanto che durante la serata si scoprono alcune verità che metteranno a dura prova le relazioni sentimentali, le amicizie e la fiducia verso il prossimo, che è recondita dentro ad ognuno di noi.

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Perfetti sconosciuti rende magistralmente l’idea di quanta finzione e di quanta vita ci sia racchiusa in una “scatola nera“, in grado di spezzare cuori e speranze.

Le paure che sono racchiuse dentro ad ognuno di noi, servite a tavola ed affrontate con la scusa di un gioco innocuo. Come voler ad ogni costo dimostrare a sé stessi e agli altri quanto si è puliti e cristallini. Anche a costo di perdere tutto.

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Dialoghi e situazioni sono studiate perfettamente per portare lo spettatore ad immedesimarsi in una serata tranquilla tra amici.

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Una roulette russa che porta la verità a tavola, che affronta e spezza ogni indugio e ogni limite.

Un film che non lascia spazio all’immaginazione, che spiazza e segna tutti.
Un racconto che lo spettatore non può che amare ma allo stesso tempo averne paura, per la sua veridicità.

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La fotografia e la scelta attoriale sono perfette, nulla in questo film è lasciato al caso.

Kasia Smutniak, Marco Giallini, Edoardo Leo, Alba Rohrwacher, Valerio Mastandrea, Anna Foglietta, Giuseppe Battiston e Benedetta Porcaroli sono perfetti nell’interpretazione dei loro personaggi. Tanto che diventa impossibile non empatizzare con un Rocco, Bianca o Peppe, teoricamente i più cristallini all’interno della loro cerchia.

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Le dinamiche, le paure, i tagli di inquadratura e i momenti di silenzio, portano lo spettatore a far parte di quel gioco tanto angosciante quanto necessario. In cui ognuno ha paura di rivelare sé stesso ad un mondo famigliare ma sconosciuto. Dove nemmeno gli amici lo sono davvero, dove ognuno si mette in bocca tante belle parole e si vende nel modo migliore, per apparire agli occhi degli altri come una persona integra, ma allo stesso tempo, compie tradimenti e racconta bugie.

Un film che invita lo spettatore ad una cena agrodolce, dove la realtà si scontrerà con le convinzioni personali, che sono radicate dentro di noi, grazie ad un semplice squillo.

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Il mio giardino

Ho avuto un giardino grandissimo da piccola, era circa tremila metri quadrati, ci si poteva disputare una partita di calcio. Era bellissimo, non tanto per le piante o per come fosse strutturato, ma per quello che la vita mi aveva portato a viverci.

Fin da piccola era come un luna park, ogni angolo aveva le sue meraviglie. Giocavo con mia sorella al tipico gioco delle famiglie e ci si divideva gli spazi in giardino e si costruivano case immaginarie, fatte di bagni, cucine e salotti. Ci ho passato i capodanni in quel giardino, a vedere i fuochi d’artificio che esplodevano dai paesi vicini e giocato con amici e parenti per i compleanni.

Ho trovato tutti i miei gatti in quel giardino, non so come, loro sapevano che avrebbero trovato cure ed accoglienza. Chiunque passasse di lì aveva acqua e cibo assicurato, nessuno era lasciato indietro o in disparte.

Ho scattato centinaia e centinaia di fotografie, ho scoperto l’amore per la fotografia e il bisogno di comunicare attraverso essa. Lui era il mio soggetto, le piante che lo abitavano, gli animali di passaggio, il cielo e i suoi colori.

Niente mi ha dato tanti spunti di vita e di creatività, come quel giardino. Come casa.

Ad oggi ho un nuovo giardino, più piccolo, ricchissimo di piante e di molti altri animali. Ho scoperto che qui gli uccelli non sono solo un bellissimo suono che senti fra gli alberi, ma si fanno vedere.

Li scopri, vedi le loro abitudini e li fotografi. Li vedi al riparo dalla pioggia, li vedi in cerca di cibo o a godersi un bel bagno nella ciotola dell’acqua, che abbiamo fatto apposta per loro. Li vedi stare sui rami a riposare e a controllare il circondario.

Li vedi con i loro piccoli che gli insegnano a volare e a sapere cadere. Li vedi vivere una vita piena di insidie e piena di vita stessa.

…Se gli alberi di casa mia potessero parlare, racconterebbero di quanti uccelli visitino il cielo. Racconterebbero quanti piccoli animali si fidano di me e si lasciano fotografare senza paura.
Quante fotografie e quante conoscenze in questi anni ho fatto.

ASSENZA

L’assenza è tutto quello in cui manca qualcosa.
Può essere un’assenza di una persona in un luogo, come di un oggetto.
Ma anche l’assenza di pensiero, qualcosa che non si vede. Quindi l’assenza può essere fisica e mentale.
L’assenza può esserci anche in parte, che si vede ma non del tutto, come se si percepisse ma non si ha la chiarezza della presenza.
Lascia un’impronta anche nelle persone, crea stati d’animo, si può percepire l’assenza delle cose e delle persone.

Assenza II, 2017

Questo progetto, quindi, vuole far emergere l’importanza del contatto umano, contatto primordiale che tutti noi ricerchiamo. Ma con l’assenza sempre più prepotente del corpo che grazie alla tecnologia e l’evoluzione continua inesorabile.
Si cerca appunto, attraverso l’assenza del corpo, di far risaltare il bisogno del contatto fra noi.
La scelta dei luoghi è stata pensata in spazi urbani, che sono più tesi e freddi. Proprio perchè, nelle grandi città si ha sempre meno tempo e spazio per essere sè stessi e stare con chi si ama, avere del tempo per sè e per gli altri è difficile e, questo meccanismo di logoramento ha dei risultati spaventosi. Il progetto quindi, vuole evidenziare quanto questo distacco continuo da noi stessi, possa portare ad un imbruttimento dei luoghi, della mente e delle emozioni. Uno svuotamento continuo di contenuti, di ciò che ci circonda e di ciò che si ha dentro.

Assenza III, 2017